Il Capitale, opera massima di Karl Marx

Ci troviamo nella seconda metà dell’Ottocento, ovvero quando tutta l’Europa era immersa nella seconda rivoluzione industriale, fase di progresso e sviluppo economico che gli storici generalmente collocano cronologicamente nel lasso di tempo che va dal Congresso di Parigi del 1856 al Congresso di Berlino del 1878. Erano quelli anche i tempi in cui nasceva e si ingigantiva sempre più la questione operaia, che denunciava uno sfruttamento sempre maggiore della classe operaia con paghe salariali sempre più misere.

Il Capitale mette a nudo tutta quella complessa ed intricata rete di meccanismi su cui si fondava la società di allora, ed evidenzia in particolar modo la tendenza della classe borghese ad accumulare ricchezza sfruttando il proletariato; l’opera, composta di 4 libri, fu pubblicata ‘a step’ in vari anni: il Libro I fu pubblicato quando Marx era ancora in vita (11-Settembre 1867), Libro II e III furono invece pubblicati dal suo amico e collega Friedrich Engels rispettivamente nel 1885 e nel 1894, mentre il Libro IV uscì nel 1910 con il titolo di Teorie del plusvalore.

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Chi era Karl Marx

Karl Heinrich Marx è stato un illustre filosofo, storico, sociologo, e politico tedesco, nato a Treviri (Germania sud-occidentale) in una famiglia ebrea appartenente alla classe medio borghese, e morto a Londra il 14 Marzo 1883; compì i suoi studi frequentando prima l’Università di Bonn e poi quella di Berlino, per poi trasferirsi a Parigi nel 1843 ed iniziare a collaborare con testate giornalistiche locali di stampo radicale.

Fu proprio a Parigi che Marx strinse amicizia con personaggi rivelatisi poi molto importanti anche per lo sviluppo delle sue teorizzazioni, ed uno di questi era Friedrich Engels, insieme al quale pubblicò un’altra delle sue colossali opere: il manifesto del Partito Comunista. Marx fu poi costretto all’esilio dalla Francia per aver preso parte attivamente ai moti rivoluzionari del ‘48, e si trasferì con la moglie Jenny von Vestphalen prima a Bruxelles e poi a Londra, dove morì il 14 Marzo del 1863.

Il socialismo marxista

Attorno al 1930 iniziò a comparire il termine comunismo, ed in un primo momento voleva semplicemente essere inteso come sinonimo di socialismo; col passar del tempo poi il comunismo assunse i connotati di un movimento più radicale che sociale, fino ad essere identificato oggi con componenti politiche rivoluzionarie come l’anarco-comunismo, movimento che si distacca nettamente da quello che invece è stato il vero marxismo.

Il Marxismo più puro è da intendere in pratica come un metodo di analisi socioeconomica della realtà, una prospettiva teorica basata sulle lotte di classe ed il conflitto sociale, e si è sviluppato diramandosi successivamente in vari filoni, dal sociologico, all’economico, da quello scientifico a quello politico; Marx ha invece sempre concentrato la sua ricerca sull’economia politica, analizzando a fondo il fenomeno del capitalismo e tutti i meccanismi ad esso collegati, denunciando sempre lo sfruttamento ai danni della classe operaia, secondo lui fattore fondamentale in assenza del quale capitalisti non avrebbero mai potuto accumulare ricchezza.

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Capitale e plusvalore

Marx sottolinea in pratica che una merce non possiede unicamente un valore d’uso, ma anche uno di scambio, ovvero un valore aggiunto derivante dalla quantità di lavoro necessaria per produrre tale merce, e che tale valore aggiunto è finalizzato, secondo le sue teorie, all’accumulazione di ricchezza, e non al consumo. Volendo riassumere in una semplice formuletta tutto ciò, potremmo dire che il famoso ciclo capitalistico non è secondo Marx strutturato come merce-denaro-merce, ma denaro-merce-più denaro, infatti il capitalista investe denaro non soltanto per comprare altra merce, altrimenti investirebbe gratis, bensì investe denaro per accumulare altro denaro.

Il fatto poi che l’operaio grazie al suo lavoro produca un valore certamente maggiore di quello che gli viene corrisposto con la paga salariale genera il famoso plusvalore, che è in pratica l’elemento principale che genera il profitto. Per avere le idee più chiare bisognerebbe però fare una piccola distinzione tra il capitale mobile, ovvero quello investito nel pagare i salari, e capitale costante ovvero quello investito nelle macchine; fatto ciò la nuova formula sarà quindi basata sul rapporto tra il plusvalore e la somma dei due capitali, quello mobile e quello costante.

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